Scrivere qualcosa di significativo sulle donne in questo momento non è semplice; il rischio è sempre lo stesso, cadere nella retorica, nelle cose scontate, nei soliti discorsi che sottolineano il nostro primeggiare nelle statistiche di primati al negativo, imprigionate negli stereotipi che ci vedono martiri della violenza e dell’ingiustizia.
Oggi scrivendo ho davanti agli occhi il volto di Valeria Solesin e nel cuore la sua storia, il suo cammino di giovane donna e studiosa di sociologia.
Per poco non ci siamo incrociate nelle aule di Sociologia; l’ho ritrovata nel ricordo dei tanti volti di ragazze che incontravo in facoltà quando andavo a fare gli esami; chine sui libri, con schemi passati e ripassati, vedevo nei loro occhi il desiderio di un mondo migliore, perché chi sceglie sociologia come percorso di studi non lo fa per ottenere il successo economico; quando studi sociologia lo fai perché senti una vocazione speciale per la conoscenza, perché non ti arrendi a una società china su se stessa, perché desideri fare qualcosa per lasciare il mondo un po’ migliore come diceva Baden Powell.
Nella giornata contro la violenza sulle donne, io come donna, accolgo l’invito del papà di Valeria e delle persone che oggi l’hanno ricordata in una delle piazze più belle del mondo a Venezia, accolgo l’invito a non cedere all’odio e alla violenza che subisco, che subiamo come donne. Giro questo invito a tutte le donne.
E non vuol dire essere arrendevoli, accettare tutto con remissione, subire a spada tratta il martirio, questo vuol dire non cedere mai e poi mai all’odio e alla vendetta verso chi ci fa del male.
Quando parliamo di violenza, mettiamo dentro il fisico, lo psichico, il morale, tutto quello che ci priva della libertà di essere datrici della vita e custodi di quella bellezza e tenerezza che salveranno il mondo.
Mentre il papà di Valeria leggeva, la mamma lo teneva stretto a sé per dargli forza; nel momento del ricordo della figlia, lui cede con la voce, sembra non riuscire più ad andare avanti e lei pronta gli stringe il braccio ancora più forte, per dargli l’ultimo alito di coraggio.
Questa immagine rimarrà per sempre dentro di me, perché è l’icona del nostro essere donne, nella forza, nel coraggio, nel silenzio e spesso al fianco degli uomini che hanno la parola.
Io spero un domino di pace delle donne, un domino che parte dalle donne e si estende fino ai confini della terra tutta.
Prego perché la giornata contro la violenze sulle donne ci ricordi che la lotta e l’amore non hanno nulla a che spartire e noi, che siamo nate per amare, possiamo essere testimoni autentiche dell’amore che sana e salva per sempre.
A Valeria e a tutte le donne del mondo io auguro pace.